Mosca-Petuski poema ferroviario
Venedikt Erofeev
Perché la vita umana, non è forse un breve ciclone dell'anima? È anche un'eclissi dell'anima. È come se tutti noi fossimo ubriachi, solo ognuno per conto suo, uno ha bevuto di più, l'altro di meno.
Ecco perché ho vergogna: ho appena fatto il conto che da via Čechov fino a questo androne ho bevuto ancora per sei rubli, ma cosa ho bevuto? E dove? E in che ordine? E ho bevuto per il mio bene o per il mio male? Nessuno lo sa e, ormai, nessuno lo saprà mai. Non sappiamo ancora: è stato lo zar Boris a uccidere lo zarevič Dimitrij o viceversa?
Impara ad affliggerti, che di godersela anche i coglioni sono capaci.
La prima edizione di Mosca – Petuški, dato che era in un esemplare solo, si è esaurita rapidamente. Da allora mi sono arrivate molte lamentele per il capitolo «Serp i molot – Karačarovo», del tutto a sproposito, devo dire. Nell’introduzione alla prima edizione avevo avvisato tutte le fanciulle che il capitolo «Serp i molot – Karačarovo» dovevano saltarlo senza leggerlo perché dopo la frase «E giù a bere» seguiva una pagina e mezza di turpiloquio schietto, tanto che nell’intero capitolo non c’era una sola parola castigata, a parte la frase «E giù a bere». Con quel coscienzioso avviso ho ottenuto solo che tutti i lettori, soprattutto le fanciulle, si son buttati subito sul capitolo «Serp i molot – Karačarovo» senza neanche leggere i capitoli precedenti, senza neanche aver letto la frase «E giù a bere». Per questo motivo ho considerato indispensabile, nella seconda edizione, sopprimere dal capitolo «Serp i molot – Karačarovo» il turpiloquio. E così è meglio perché, prima di tutto, mi leggeranno dall’inizio alla fine e, secondariamente, non si offenderà nessuno.
A partire dalla primavera dell'85, non so perché, ho cominciato a star sempre meglio. Secondo me, prima che sia tardi, è ora di ricominciare a decadere.
Un mio conoscente diceva che la voka al coriandolo agisce sull'uomo in senso antiumano, cioé rinvigorisce la membra e indebolisce l'anima.
Io, se voglio capire, trovo posto per tutti. Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza.
E se un giorno morirò (morirò molto presto, lo so), morirò senza aver accettato questo mondo, avendolo compreso da vicino e da lontano, da fuori e da dentro, ma senza averlo accettato, morirò e Lui mi chiederà: 'Sei stato bene lì? Sei stato male?', e io starò zitto.